Lo Staff di Memorie Urbane si è incontrato a Berlino per ragionare sulla prossima edizione del festival nella città del Muro, dove la Street Art è messaggio e testimonianza
E’ la città dei muri e della memoria. La città in cui il Muro diventa memoria e si tramuta in esperienza urbana. Berlino non butta via niente. Semmai trasforma, ingloba e declina. Ma non spreca. Forse è per questo motivo che è così piena di forme. Le sue architetture nuove non ti consentono di perdere di vista il passato. La filiera che conduce dal ieri all’oggi, dall’illusione alla realtà è tutta in evidenza. Nulla è cancellato, tutto resta.
Questo suo essere testimonianza viva l’ha resa il luogo ideale per ospitare un meeting italiano molto particolare. Un manipolo di 14 persone tra appassionati, fotografi, blogger, videomaker e giornalisti tra il 9 e il 12 novembre si è catapultato sotto un cielo livido per vedere cosa accade nella Capitale dell’arte, questa sorta di Tao che in ogni quartiere contiene elementi del suo contrario: l’est dentro l’ovest, l’ovest dentro l’est, l’avanguardia nei palazzi nuovi e il capitalismo tra le rovine ancora cocenti dell’illusione egualitaria del comunismo sovietico. Quel manipolo eravamo noi. Quelli di Memorie Urbane.
Ci siamo fatti aiutare da Anna Motterle di Berlinandout, una giovane guida italiana che ha dedicato vita e studi a questa camaleontica città. Anna a Berlino ci vive da 9 anni e ne conosce gli angoli più nascosti. Ci fa partire da Berlino est. La incontriamo ad Alexanderplatz, nel ricco quartiere Mitte. In questa zona, ci dice, la testimonianza della vecchia architettura sovietica si va offuscando e ormai convive con il nuovo e scintillante mercato immobiliare e i suoi voraci cantieri. Qui la cultura suburbana, popolata da studenti e squatters, aveva occupato le case abbandonate dalla nomenclatura sovietica. Ma poi sono arrivate le banche e gli investitori. E si vede. Ci mettiamo in fila indiana e cominciamo il giro, percorriamo la Rosenthaler Strasse, entriamo nei cortili di Hackesche Höfe, dove tutto ha il sapore di arte e design. Sotto la patina nuova emergono i mattoni dei vecchi palazzi sovietici e a un tratto si viene catapultati in un piccolo angolo di avanguardia: murales, stencil, manifesti, mostre d’arte indipendente e librerie di graphic design. Sono i simboli della resistenza di un sottobosco che ormai va scomparendo. Meglio, si sposta altrove, ma lascia testimonianze ovunque. Qua e là si intravedono “memorie urbane” sparse. La Rosenthaler Strasse è piena. Poi lunghe strade costeggiate da gallerie d’arte, bei palazzoni nuovi alternati a certi “cimeli” dell’architettura comunista, la testimonianza viva dell’orrore dell’Olocausto conficcata perfino nei sampietrini da uno stravagante artista che li ha voluti incastonare nella strada, davanti ai portoni delle ultime abitazioni delle famiglie tedesche ebree prima dei rastrellamenti. Mai come a Berlino la memoria si fa urbanistica. Qui non ci sono monumenti ai caduti ma “opere monumento” per il ricordo.
La seconda giornata di tour la dedichiamo al Muro, opera madre di tutte le memorie urbane. Qui ancora vive la contraddizione mutilazione/integrità. Lungo la East Side Gallery si passa in rassegna la storia recente di una città che ha trasformato i vecchi simboli della divisione in messaggi pubblici. Qui la street art fa opera di informazione critica e disillusione. Segue lo Zeitgeist, lo spirito del tempo, si trasforma insieme agli eventi, racconta l’entusiasmo degli anni Novanta ma poi ti sbatte in faccia la voracità del nuovo Millennio, quando il sogno di libertà ha dovuto cedere il passo al capitalismo più sfrenato. Ma anche qui, nulla di definitivo. Berlino ha i suoi anticorpi. Gli artisti lungo la East Side Gallery hanno dipinto con furore e lucidità quello spazio grigio in cui si confondono il bene e il male. La striscia della morte viene oggi percorsa da centinaia di turisti e la sensibilità su certi temi resta altissima. Attraversando l’Oberbaumbrücke, il ponte Rosso, si intravede dalle arcate, sull’argine ovest, un accampamento di tende. Lì alcuni berlinesi stanziano da un anno e mezzo per impedire che venga costruita l’ennesima palazzina nuova. Sullo sfondo, un enorme murale di un uomo con cravatta, ma senza testa. Ecco, qui gli anonimi brokers vengono visti così. E Berlino Ovest continua la sua “resistenza” su tutti i muri.
Ci è impossibile raccontare tutto. Tralasceremo dei bar, delle riunioni infuocate, della birra bevuta da centinaia di giovani dentro la metro, del miracolo delle biciclette, dei cantieri che non fanno rumore e dei trasporti efficienti. Tralasceremo le cose che stupirebbero tutti. E speriamo di raccontare presto questa esperienza come sappiamo fare meglio. Dipingendola su un muro.
di Diego Roma